NUOVO REFERENDUM ABROGATIVO DELLA L. 194 IN MATERIA DI ABORTO : L’ANTIABORTISMO COMPATIBILE CON L’ORDINAMENTO GIURIDICO E CON IL RICONOSCIMENTO DELLA NATURA UMANA DELLA DONNA

Tra le primissime persone che incontrai all’inizio della mia esperienza come antiabortista militante , oltre tre anni fa , ci fu un personaggio che ebbi la fortuna di perdere subito di vista , con una formazione non so di che tipo ma sicuramente per nulla giuridica e con un passato , come appresi in seguito , un po’ tribolato sul piano giudiziario che mi chiese dove volessi andare con il mio progetto senza la guida di una personalità che rappresentava , a suo dire , un luminare nel settore , proprio sotto il profilo della competenza giuridica .

Il mese scorso alcuni esponenti di una piccola ma rispettabile associazione hanno elaborato un documento , che nelle intenzione degli estensori avrebbe dovuto rimanere riservato ma poi da loro stessi ampiamente diffuso presso gli ambienti più radicali della nostra organizzazione , nel quale dichiararono di non voler appoggiare l’operazione in assenza di tre rettifiche dei quesiti , una non irragionevole ( la mancata abrogazione dell’art. 9 sui consultori familiari , anche se dovrà avvenire parzialmente , visto il richiamo in quel testo a norme di cui si richiede l’abolizione ) e due palesemente grossolane , al punto di suscitare notevoli perplessità .

Una presa di posizione probabilmente concordata con quella recente di un pentito antiabortista , convertitosi al pro life soft ( che non a caso ne ha dato ampio spazio nel suo sito ) e che voleva proporsi come modello di nostro aderente dissidente , riscuotendo poi successo solo presso gli amici del bar .

Questa azione congiunta , eterogenea in quanto presentatasi nel contempo come di matrice più moderata e più radicale rispetto alle nostre posizioni , ha contribuito ad evidenziare l’equilibrio e la concretezza che caratterizza la nostra iniziativa referendaria , a cui si può aderire attraverso i siti www.no194.org e www.no194.it , producendo un incremento della popolarità della stessa e , soprattutto , del numero di aderenti alla nostra organizzazione , in particolar modo di sesso femminile .

Cogliamo l’occasione per smentire che ciò sia stato da noi organizzato o con noi concordato .

Il fine era realmente ed evidentemente quello di danneggiarci .

Analizziamo ora nel dettaglio le due rettifiche grossolane proposte ( sulle quali ho ricevuto in questi giorni considerazioni piuttosto ironiche da miei colleghi iscritti , che preferisco non riferire e che pur avrebbero una loro incisività ) .

1 ) Una lo è dal punto di vista religioso , facendo riferimento cioè a quei princìpi a cui gli appartenenti a quell’associazione paiono ispirarsi in modo piuttosto integralista , al di là della loro dichiarata aconfessionalità .

Come abbiamo chiarito presentando i quesiti e come da manifesto , la richiesta di abrogazione è totale , puntando ad instaurare il regime giuridico immediatamente previgente alla 194 , e solo in subordine parziale .

La critica attiene proprio alla presentazione di un minimale , che viene enfatizzata ignorando che esso viene elaborato solo con riferimento ad una prospettiva ben precisa , da me presa in considerazione al momento stesso dalla stesura del manifesto di adesione che campeggia sul sito e per nulle peregrina : quella che un quesito massimale sulla 194 non venga dichiarato ammissibile dalla Consulta .

Ecco che la proposizione anche di un quesito minimale , come avviene nella quasi totalità dei referendum ( es. il primo sulla 194 , svoltosi nel 1981 , e quello del 2005 sulla legge 40 ) , diviene ineludibile .

L’accoglimento del quesito minimale , segnatamente e nella fattispecie , si tradurrebbe nell’abolizione del libero aborto nei primi 90 giorni di gravidanza , giacché anche in questa fase della gestazione l’interruzione volontaria di gravidanza sarebbe ammissibile solo in presenza delle pur generose condizioni di cui all’art. 6 lettera b .

Non è arduo immaginare quali sarebbero le conseguenze culturali di una nostra vittoria su questo sia pur da noi non preferito quesito , la quale rappresenterebbe un’inversione eccezionale di tendenza che interverrebbe dopo un dibattito nel paese di circa un anno dalla data di deposito delle firme e che rivaluterebbe davvero la posizione del concepito , mediante una modifica legislativa a suo favore e non attraverso la sottoscrizione di propagandistiche e generiche petizioni , da far valere ( anzi , da far cestinare , proprio perché mere petizioni ) in aule forse non grigie , ma comprovatamente sorde a qualunque battaglia di spessore spirituale ed assolutamente incompetenti a decidere sul cosiddetto diritto di abortire , in quanto comunitarie e non nazionali

Tale accoglimento , peraltro , potrebbe costituire presupposto sostanziale e culturale ( per una volta usiamo anche noi tale termine , spesso utilizzato con frequenza da chi intende nobilitare la propria inefficienza ) per il totale annientamento di una legge che sarebbe ad oggi precluso da ostacoli oggettivi frapposti dalle istituzioni ( come detto , dalla Corte Costituzionale ) , che ci potrebbero costringere ad una abolizione della legge in più fasi .

Dopo la vittoria nel referendum sul quesito minimale , potremmo riproporre il massimale , al limite dopo i 5 anni di legge , confidando in una differente pronuncia della Consulta , che altri definiscono organo non solo giuridico ma sensibile agli orientamenti dell’opinione pubblica , proprio conseguente a quella vittoria .

Diverso sarebbe , ovviamente , limitare la propria azione volontariamente ed a seguito di un accordo con il potere politico-parlamentare ( che talvolta propone ai comitati referendari una modifica legislativa a parziale accoglimento dei quesiti dietro la rinuncia alla loro azione ) , che sarebbe frutto di una trattativa ignobilmente condotta sulla pelle del nostro prossimo .

Un conto è la scelta , un conto è l’imposizione dell’autorità , da cui discende un oggettivo ostacolo .

Non si può ignorare o abrogare un’irrevocabile decisione della Consulta , questa è la realtà nel nostro ordinamento .

Chi vuole sostenere princìpi ignorando le regole giuridiche sussistenti nel paese dove li vorrebbe affermare , vive tra le nuvole .

Tra l’altro , questa posizione non può essere censurata neppure appellandosi al rispetto formale dei princìpi cattolici più rigorosi , a cui tanti tra di noi si ispirano .

Chi ha dichiarato testualmente quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui ?

Addirittura Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae ( punto 73 ) !!!

Ecco che il radicalismo ( formale e non praticabile ) , in tal caso , oltre ad ignorare l’ordinamento giuridico della nazione in cui opera , non si fonda neppure sul rispetto del magistero della Chiesa cattolica .

2 ) Ma se la mancata adesione al quesito minimale , da noi proposto in via meramente subordinata in caso di censura del massimale da parte della Corte Costituzionale , poteva rispondere in sé ad una logica particolarmente rigorosa ed integralista all’insegna del “ O tutto o niente “ , quando si prende conoscenza di cosa sarebbe questo tutto non è possibile avvertire delle enormi perplessità .

Il quesito da noi prospettato verrebbe formulato in senso sostanzialmente massimale , lasciando sopravvivere gli artt. 17,18 e 19 ( che sono sanzionatori per quei pochi casi di aborto che avvengono in violazione della stessa 194 ) e l’art. 6 a ) , la norma che consente l’interruzione volontaria di gravidanza nel caso che il protrarsi della stessa implichi il pericolo di vita della madre .

Verrebbero in tal modo fatti salvi i due discutibili princìpi affermati dalla Consulta nella recente sentenza n. 13 del 2012 , con la quale sono stati rigettati i quesiti del referendum elettorale di matrice Dipietrista , che hanno sottolineato :

-l’inammissibilità di una reviviscenza di una legge ( abrogata , quali le incriminazioni del codice penale ) anteriore rispetto a quella oggetto di referendum ;

-la necessità che , dall’astratta abrogazione della legge , sia configurabile una normativa cosiddetta “ di risulta “ , quindi residua e tale da poter sopravvivere autonomamente ed essere immediatamente applicabile , regolando la materia .

Alcuni esponenti del comitato sopra citato , con un apposito comunicato che si vorrebbe emesso in rappresentanza degli iscritti e che , lo ribadiamo , avrebbe dovuto rimanere riservato ma che è stato fatto circolare presso le componenti più radicali della nostra organizzazione ( di Alessandria , Milano , Padova e soprattutto Roma solo per quanto a nostra conoscenza ) , al per noi non inedito fine di provocare una scissione di quelle componenti , hanno censurato la sopravvivenza dell’art. 6 a ) , che riconosce alla donna il diritto di abortire in presenza di un grave (sottolineo grave) pericolo di vita qualora porti a termine la gravidanza e che , secondo loro , andrebbe anch’esso abrogato .

Una posizione questa , che appare davvero sorprendente , per almeno sei diverse considerazioni, tre di diritto , tre di merito .

a ) Come noto , la donna che si trovi in quelle condizioni già prima del 1978 poteva avvalersi della causa di giustificazione generale dell’art. 54 c.p. ( stato di necessità , una scriminante come , ad esempio , la ben più nota legittima difesa ) , tuttora vigente e di fatto non abrogabile .

Quindi chiedere all’elettore di abrogare una norma la cui abrogazione non determinerebbe alcun effetto non ha significato : la fattispecie non sarebbe comunque punibile .

Quando abbiamo avviato la nostra iniziativa referendaria abbiamo puntato all’abrogazione totale della 194 ed alla conseguente restaurazione del regime giuridico sussistente il giorno precedente alla sua entrata in vigore e non a quello risalente al medioevo , quando questa scriminante forse non era applicabile a beneficio della donna , in quanto ritenuta essere inferiore .

Lo stupore è massimo quando si riscontra che gli stessi criticanti riconoscono l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 54 c.p. , attuale e anteriore alla 194 .

Si vuole così affermare la fondamentale utilità di un qualcosa che si riconosce essere assolutamente inutile !!!

b ) La Corte costituzionale ha censurato in più casi i referendum totalmente abrogativi ( es. sulla legge 40 ) , in quanto determinerebbero un vuoto normativo : lasciar sopravvivere i soli articoli sanzionatori ( per chiedere l’abolizione di una norma inutile perché non abrogabile nella sostanza ) ci esporrebbe ad una pronuncia di questo tipo , stante la non reviviscenza della vecchia disciplina prevista dal codice penale , in base al citato orientamento della Consulta , formulato in occasione della bocciatura dei recenti quesiti sui referendum elettorali sulla preferenza .

E’ chiaro che la Corte valuta la costituzionalità di un quesito in rapporto alla norma che si vuole abrogare e al netto della ricorrenza di scriminanti ( come quella di cui all’art. 54 c.p. ) che possano intervenire e il cui contenuto , tra l’altro , si connota in conseguenza di interventi giurisprudenziali .

L’abolizione della norma di cui trattasi ( il 6 lettera a del 194 ) , dunque , sarebbe assolutamente significativa in tal senso , lasciando scoperta legalmente quella fattispecie .

c ) Anche a voler concedere , è davvero un mistero come si possa ritenere che la Corte , già definita da alcuni , non dal sottoscritto , come un organo politico più che giuridico , condizionato dall’orientamento generale del potere parlamentare , possa ritenere compatibile con l’art. 32 della costituzione , che tutela il diritto alla salute ( che essa considera come diritto alla salute della donna, non essendo certo ritenuta rilevante quella del concepito , altrimenti la 194 non sarebbe stata più volte ritenuta costituzionale da tale organo ) , un quesito che contempla il legittimo decesso di una donna qualora sia in stato di gravidanza .

Donna che dovrebbe essere costretta a morire se in stato di gravidanza , in quanto non potrebbe opporsi al suo decesso pur in presenza di un grave ( e sottolineo di nuovo grave ) pericolo di vita nella prosecuzione della gestazione .

Un’obiezione tutt’altro che assurda , se è vero che la Consulta si è già espressa in questi termini 32 anni or sono , bocciando il massimale proposto del Movimento per la Vita .

Errare humanum est , sed perseverare diabolicum : come vivere con la testa in un sacco ignorando gli ( elementari ) insegnamenti della storia .

d ) Passando alle argomentazioni di merito , non occorre essere geniali per comprendere che l’allargamento del quesito a questa ipotesi estrema susciterebbe reazioni molto negative da parte di numerose nostre stesse iscritte ( alcune delle quali mi hanno chiesto espressamente garanzie in questo senso al momento di comunicare la loro adesione ) , non entusiaste dell’idea che il loro partner possa decidere che in fondo, qualora rischiassero di decedere portando a termine la gravidanza, la loro morte non sarebbe cosa grave , essenziale essendo solo la nascita del loro figlio .

In effetti , se la Vita è sacra credo che non si possa comprendere per quale motivo non lo sia quella di una donna incinta .

E anche qualora la figura femminile potesse essere identificabile con quella di una macchina riproduttiva , sarebbe evidente che la rottamazione della macchina porterebbe a conseguenze negative sul piano della procreazione futura .

Non credo che un uomo che sostenga posizioni di questo tipo susciti reazioni entusiastiche da parte della propria metà , soprattutto se capace di intendere e di volere .

Va sottolineato che pure di recente  i vescovi irlandesi ( sottolineo irlandesi ) hanno ricordato in una nota che la Chiesa afferma come la vita di un bimbo e quella della madre siano parimenti sacre .

È giudicato moralmente lecito un intervento che per salvare la donna metta a repentaglio la sopravvivenza del figlio, a patto che si tratti di un effetto collaterale non voluto e che si faccia comunque il possibile per salvarli entrambi .

Esattamente la nostra posizione .

e ) Di contro , l’allargamento del quesito nei sensi di cui sopra susciterebbe l’entusiasmo dei difensori della legge , increduli di un regalo di questa portata .

Essi potrebbero incentrare su questo caso estremo la loro campagna antireferendaria , convincendo le elettrici , che nella quasi totalità ( alla pari degli elettori ) nulla sanno dell’art. 54 c.p. , che riterremmo la loro esistenza subordinabile al venir meno di quella fattispecie .

Una prospettiva davvero suicida , che ci limitiamo a definire non del tutto giustificabile neppure dal punto di vista ideale .

Se siamo tutti concordi nel definire le varie Gianna Beretta Molla eroine , che hanno pagato con la loro vita l’amore verso il proprio figlio , è mai possibile che un atto di eroismo , frutto per antonomasia di una scelta individuale , possa essere imposto per legge ?

Ecco che il radicale duro e puro ( in realtà fuori dall’ordinamento giuridico e non rispettoso della natura umana della donna ) si comporta , di fatto , come primo alleato di Pannella e Bonino , che oggettivamente non possono che auspicare una pronuncia di incostituzionalità che mini in radice la nostra azione e , in caso di pronuncia di costituzionalità , la possibilità nella campagna referendaria di avvalersi di argomentazioni eclatanti a sostegno delle proprie posizioni .

f ) Infine , va ricordato che dal punto di vista statistico l’ipotesi di decesso qui contemplata è a dir poco remota , tanto più alla luce dei progressi della medicina .

Un’applicazione rigorosa della legge , quindi , non potrebbe giustificare l’aborto se non in ipotesi estreme e rarissime .

Ritenere che si apra uno squarcio nella legge ( tesi sostenuta dai pro life più radicali in materia di procreazione assistita e di eutanasia ) è totalmente fuori luogo ( il 95% degli aborti viene richiesto nei primi 90 gg di gravidanza da donne in piena salute , da lì al pericolo di vita c’è una sproporzione abissale ) , ragionando a tale stregua qualunque situazione di fatto potrebbe essere manipolabile in sede di suo accertamento per portare a qualsiasi risultato .

Ora , alla luce di quanto sopra , e dopo aver ribadito che il quesito minimale è stato da noi prospettato solo nella prospettiva di mancata ammissione del massimale da parte della Consulta , sorge spontaneo un interrogativo di fondo : ma le iscritte a questa associazione , essendo certamente in grado di comprendere che aderiscono ad una realtà che contempla espressamente la liceità della loro soppressione , per salvare il figlio , qualora dovessero rimanere incinte e pur nel diagnosticato rischio grave di perdere la Vita durante la gravidanza , sono state consultate prima di questa presa di posizione ?

Ed ora intendono ratificarla ?

Qualora esse dovessero ritenere più che plausibile un tale atto di ( vero e proprio ) eroismo da parte della madre , penserebbero che esso debba essere frutto di una loro scelta o di un’imposizione da parte dello Stato per il tramite di una legge ?

In alcune società arcaiche il pater familias aveva il potere di vita e di morte sui figli , potere poi trasferito alla madre gravida dalla 194 .

Nella presa di posizione oggetto del presente commento tale potere verrebbe attribuito allo Stato sulla donna durante la gravidanza .

Qualora , come sembra , tale presa di posizione sia attribuibile a soggetti di sesso maschile , viene spontaneo pensare ad una nota frase di Ricucci , che debitamente ripulita e censurata potrebbe essere tradotta in “ E’ facile fare l’eroe con il fisico altrui “ .

Non ci sembra una grande svolta sul piano della civiltà del nostro paese .

Anche la Vita di una donna incinta è sacra , proprio in quanto donna , quindi essere umano e non cosa , concepita in senso meramente riproduttivo o meno .

Pietro Guerini – Portavoce nazionale NO194

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